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Insight - Twana's Box

Francesco Lughezzani
March 27, 2025
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Avvolgi la tua lingua tra stoffe di seta  

ogni parola separata dall’altra  

per non farle scontrare, graffiare. 

Non dimenticare le parole che non usi mai, 

col passare degli anni i dettagli svaniscono  

e potrai averne bisogno. 

La crudeltà ci colse di sorpresa, Choman Hardi

[…] l’hanno messa in una scatola di proiettili 

 e hanno messo la scatola sull’orlo della morte 

 e hanno attaccato alla miccia!

Il cimitero dei lumi, Sherko Bekas

Una scatola è ontologicamente una forma di contenimento atta a preservare il proprio contenuto dallo scorrere del tempo, e quindi intimamente connessa alla dimensione della memoria e della sua preservazione. La scoperta che segue lo svelamento del suo contenuto è il punto di partenza di tanti viaggi e storie ed è da questo incipit – l’apertura di una scatola appunto – che si struttura la vicenda del progetto di Rawsht Twana. 

Un progetto che, nella forma libro di cui oggi potete sfogliare le pagine, cerca di riassumere le tante affluenze di uno sguardo fiume, quello di Twana Abdullah, padre tanto amato e fotografo instancabile, che ha saputo cogliere e riassumere nelle sue immagini lo spirito della Storia di un paese e di un popolo, ritraendo volti, attimi e conflitti. È un archivio complesso, che racconta due decenni di storia del Kurdistan e del popolo curdo, dagli anni Settanta agli anni Novanta: ma sarebbe riduttivo riassumere l’opera in questo modo. Lo sguardo che ha mosso l’obiettivo della Praktica 35mm dell’autore è stato capace di ricondurre l’astrattezza e la brutalità della geopolitica e del racconto storico alla vita delle tante persone che Twana Abdullah ha amato, o solo incrociato, ma sempre e comunque ritratto e raccontato con i suoi scatti. 

E non ci sono solo le lacrime e la tragedia in questo sguardo, che evade gli stereotipi di noi lettori e osservatori occidentali nel racconto del popolo curdo: c’è invece il desiderio di raccontare la vita di un popolo che nonostante tutto resiste alle persecuzioni e che vuole raccontarsi e mostrarsi anche oltre le catene del conflitto e dei confini geografici e politici. C’è bellezza e vita e soprattutto ci sono le immagini, ancora e prima di tutto testimonianza di un lavoro artistico prima che documentario, di un autore nascosto ma non dimenticato. C’è spazio per molto altro oltre al conflitto e alle sofferenze, che rimangono fuoricampo nelle immagini – ma comunque testimoniate nella parte testuale del lavoro: c’è spazio per la felicità, per le bellezza di un paesaggio, per la gioia di un giorno di festa, di un bagno nel fiume, per l’ingenua superbia di un fiore.

Lo sguardo dell’autore dentro la scatola diventa anche e soprattutto un tentativo di riavvicinamento alla figura del padre, al suo sguardo e alla sua storia personale, per capire come il padre guardava il suo mondo, per guardare il mondo di oggi con i suoi occhi, mettendosi, per amore, la lente di una fotocamera davanti. 

Lo sguardo al microcosmo della scatola è stato un ponte, un’apertura al mondo, e si è rivelato un fondamentale strumento per la formazione dell’autore come fotografo. Lui stesso si pone in relazione allo sguardo paterno in questo modo: «My photographic life started when I opened the box of negatives at the age of 18»: la scatola è stata quindi contenimento ma anche espansione di sguardi; conteneva negativi e stampe ma anche il seme di uno sguardo nuovo, maturato grazie a un lavoro che viene raccontato come un viaggio, fatto dall’autore insieme a molti compagni e compagne – uno fra tutti, il fotografo Stefano Carini – e che attraversa tempi di vita, di guerra e di pace, di lotta e di relazioni amorose, di raccolto e di festa.

Le fotografie contenute nell’archivio sono infatti capaci di raccontare un popolo e una cultura, ma sono anche e prima di tutto immagini, forme di un linguaggio e di uno sguardo che merita di essere mostrato nella sua complessità. Sono la testimonianza di un grande fotografo contemporaneo, a lungo conservate in una scatola e ora finalmente pubblicate. Sono le forme di un racconto che è speranza prima che conflitto, ed è in fondo e soprattutto una lettera aperta di un padre a un figlio, a una famiglia. È uno sguardo all’orizzonte, uno sguardo fatto di cartone, di celluloide e di carta fotografica, che ha aspettato a lungo di essere aperto e svelato nel suo mistero che si è infine sciolto davanti allo sguardo di un figlio, ma anche e soprattutto davanti allo sguardo di un nuovo fotografo.