DISRUPTIONS, di Taysir Batniji
Il cielo sopra il porto
aveva il colore della televisione,
sintonizzata su un canale morto.
Neuromante, William Gibson
Who said that time heals all wounds?
It would be better to say
that time heals everything -
except wounds.
With time, the hurt of separation
loses its real limits.
Sans Soleil, Chris Marker
Sfogliare Disruptions di Taysir Batniji rende immediatamente testimoni di un fallimento: le immagini portano con sé, anche e prima di tutto a livello formale, le cicatrici del reale; ferite inferte a una superficie digitale, costituita da screenshot catturati dall’autore durante diverse chiamate su whatsapp con la madre e i suoi parenti, raccolte tra il 2015 e il 2017.
Nato a Gaza nel 1966 e trasferitosi in Francia nel 1994, Batniji lavora ai confini di due paesi separati da oltre tremila chilometri e nel corso della sua pratica artistica ha sviluppato un linguaggio multidisciplinare, mescolando i codici della fotografia, del video, del disegno e della performance.
Disruptions ha ricordato a chi scrive la visione sconvolgente, questa volta cinematografica, del documentario Still Recording (2018), di Ghiath Ayoub e Saeed Al Batal, registi siriani che hanno raccontato la guerra civile muovendosi nei luoghi più pericolosi del conflitto. Nel finale, quando un loro operatore viene ferito e la camera cade a terra continuando a filmare nonostante la tragedia, lo spettatore rimane solo di fronte all’inevitabilità di un’immagine che mette alla prova il terribile scarto tra racconto e reale, di cui Jean Baudrillard parla in The Evil Demon of Images: continuare a vedere, a registrare, a narrare nonostante tutto è il valore imprescindibile e terribilmente necessario che il progetto di Taysir Batniji porta con sé.
I glitch di cui queste immagini sono diretta testimonianza ci raccontano di conversazioni difficoltose, spesso impossibili, tra una madre e un figlio. Un flusso di dati che per noi è pratica scontata diventa a Gaza un percorso accidentato, dove la perdita di segnale è un avviso di imminenti sciagure. Nei bombardamenti israeliani dal 2023 sono morti cinquantadue congiunti dell’autore e Batniji documenta questo lutto senza fine pagina dopo pagina: le immagini virate al verde e i pixel ammassati l’uno sull’altro mutano presto in materia, disegnano crepe e ustioni sui volti, formano palazzi distrutti dai bombardamenti, sguardi ciechi e massacri.
Disruptions tuttavia non si limita a comunicare attraverso l’immagine ma lo fa anche attraverso l’evocazione di una dimensione sonora fantasma, che crea un ponte immediato con il lettore-ascoltatore: se si percepisce la mancanza di una comunicazione fluida attraverso le immagini deframmentate, possiamo immaginare e sentir provenire dai volti che si scorgono nel flusso incostante di dati una voce che si interrompe, spezzata dalla mancanza di una connessione adeguata, sempre più lontana e disturbata, mentre il paesaggio collassa nel flusso digitale. La deframmentazione del reale attraverso le immagini di Taysir Batniji ci racconta nel modo più doloroso quanto l’oscenità di una distopia possa deflagrare nel mondo reale, dai pixel al cemento e dal codice binario alla carne, ricordandoci che nella contemporaneità lo scarto è drammaticamente ristretto: quando l’immagine e la realtà si disgregano all’unisono.
Francesco Lughezzani